domenica 22 marzo 2009

Ozio 3. De l’Ozio e la realtà. Una favoletta. Parte I

ovvero
Discorso sul consumo, il bene intrinseco ed estrinseco ed i diavoli del nostro cuore.


Amiche e amici, amanti, innamorati, innamoranti, cuori impavidi, oziosi tutti; ci siamo lasciati ormai da qualche mese ed il mio verbo non v'è più giunto con la nessaria puntualità. Ma or ora è giusto giunto il momento di riannodar il fil d'Arianna e di ripartire, riprendere, ricominciare da lì, dal loco ove nessun uomo s'era mai spinto altrove, dal precetto fondamentalmente fondante frutto e fantasia di salvezza e piena felicità, l’elisir di lunga e feconda vita, il Santo Graal di ogni Parsifal, la meta agognata dal Brian O'Driscoll che stà dentro ognuno di voi, il traguardo, trionfo, l’apice, il vertice, il culmine, il pelo nell’ovo di Colombo. L’ozio.
L’ozio, brothers & sisters; capirete cos’è, perché, da dove viene, dove ci porta. Ma soprattutto.

Per aiutarvi a fare tutto ciò, farò come ogni buon padre fa’ con i propri figliuoli quando vuole insegnar loro qualcosa che sì è troppo complesso per le loro giovini capacità intellettive, ma che ugualmente è indispensabile che sappiano per poter crescere e svilupparsi al meglio. No, non le cinghiate. Quelle magari dopo. Piuttosto vi racconterò una favola. Vi dico subito che molti di voi, al solito, non capiranno nulla, ma non temiate, perché poscia tutto vi spiegherò, complicando anche le cose.

Dunque, dovete sapere che qualche tempo fa’, deriso da una donna, Satana radunò il consiglio degli arcidiavoli nel Pandemonio. “Che cosa stiamo facendo per accelerare la disumanizzazione dell’uomo?” domandò alle Podestà e alle Dominazioni.
Uno alla volta, ciascuno disse la sua. I tremendi vicepresidenti anziani responsabili dell’Invidia, dell’Orgoglio e dell’Avarizia fecero un entusiastico rapporto. I capi dell’Ufficio Lussuria e Accidia lessero una lunga nota di dettagli. I giuristi tennero una conferenza sui cavilli legali. Satana, tuttavia, non ne fu soddisfatto. Persino il brillante capo del Dipartimento della guerra non lo soddisfece appieno. Ascoltò innervosito la lunga dissertazione sulla proliferazione nucleare; giocherellava con le matite durante la sessione di filosofia della guerriglia.
Alla fine, Satana si lasciò sopraffare dalla collera. Spazzò via gli appunti sul tavolo e balzò in piedi. “Chiacchiere fine a se stesse!” tuonò. “Mi toccherà rimanere per sempre seduto ad ascoltare degli idioti intenti a nascondere la loro incompetenza dietro un mucchio di parole? Nessuno ha qualcosa di nuovo da dire? Dobbiamo passare il resto dell’eternità a mandare avanti la bottega esattamente come da mille anni a questa parte?”
A questo punto , il più giovane dei diavoli si alzò. “Con il vostro permesso, mio signore” disse” avrei un piano.”

mercoledì 24 dicembre 2008

KARMA POINT. Profili

PROFILO 1.
Zavor
Il tuo livello d’ozio è: zero spaccato.

La tua vita è una camera a gas, ma tu fingi di non saperlo e ti sforzi di apparire felice e vincente.
Il tuo cuore è un divieto, la tua testa è un’accozzaglia di luoghi comuni tenuti insieme solo dalla tua arroganza e dalla tua presunzione.
Guardi le stelle e cerchi subito il Carro Maggiore, perdendoti il firmamento.
Ti indicano la Luna e tu guardi il dito.
Sei iper efficiente, fai mille cose e quasi tutte bene, lavoro, casa, famiglia; pure il sesso ad alta intensità. Ti occupi degli altri, ma non rinunci a te stesso.
Puoi correre quanto vuoi, fare più che puoi, ma il tuo tempo fugge, e non lo prenderai.

Il tuo Karma appartiene all’ultimo cerchio dei sette Preveli dei quattro Arkadì.
Nella tua vita precedente eri un arato. Ti sei reincarnato in un essere umano solo per un errore.
Dopo la tua morte tornerai ad essere una sterile unità di produzione. Bisognerebbe però prima prenderti a schiaffi.

Affidarti al Marchese Guido Maria dei Frachioni è la sola tua possibilità di salvezza e di autentica felicità.
Se vuoi realmente intraprendere il cammino dell’ozio inizia recitando tutte le mattine appena sveglio, e tutte le sere prima di coricarti, per 55 (cinquantacinque) volte questo antico mantra di Canterbury:
I’ve got to get in to get out.

E mi raccomando, basta con l’aglio.

PROFILO 2
Sei ridicolo.
Il tuo livello d’ozio è: gravemente insufficiente.

La tua vita è magra, parca di vere soddisfazioni; spesso la senti inutile e vuota. Ogni mattina ti guardi alla specchio e in verità ti fai profondamente schifo. Sputeresti sul vetro ma non lo fai per paura di sporcare e questo ti fa ancora più incazzare.
Ma lo sai con certezza, lo senti nel profondo delle tue viscere, che c’è stato un momento in cui sei stato la gioia e il coraggio, il fuoco e la bellezza. Momenti in cui godevi della vita e di te, dove gli altri sorridevano e vivere era più facile e più limpido. Più giusto.

Il tuo Karma appartiene al sesto cerchio dei sette Preveli dei quattro Arkadì.
Nella tua vita precedente eri un servo della gleba russo. La tua ubbidienza e la tua sottomissione erano proverbiali. Ti sei reincarnato in uno sfigato/sfigata da paura ma ti è stata instillata nell’animo un scintilla di ribellione, uno sputo d’ozio.
Se durante la tua magra esistenza riuscirai a coltivare la tua spiritualità e seguirai i sacri precetti de l’ozio, dopo la tua morte potrai aspirare a reincarnarti in un artista di infimo livello o in un rappresentante di condizionatori.

Affidarti al Marchese Guido Maria dei Frachioni è la sola tua possibilità di salvezza e di autentica felicità.
Se vuoi realmente intraprendere il cammino dell’ozio inizia recitando tutte le mattine appena sveglio, e tutte le sere prima di coricarti, per 35 (trentacinque) volte questo antico mantra di Canterbury:
I’ve got to get out to get in.

E mi raccomando, piano con le grigliate.


PROFILO 3
Ossi di seppia.
Il tuo livello d’ozio è: il ragazzo ha delle doti ma non si applica completamente.

La tua esistenza non è poi così male; godi della tua semplice vita ma non riesci a resistere alle sirene del successo, del potere e del possesso.
Ami troppo di fretta e continui a posticipare la soddisfazione dei tuoi desideri. Hai rinunciato a troppi dei tuoi sogni e alcuni li hai scordati. Ma non sono perduti.
Troppe volte la vita ti costringe, il lavoro ti schiaccia e l’amore non t’ama come vorresti. Come ti meriti.
Ma non hai smarrito la via, stai solo aspettando il momento, l’occasione, il vento giusto.
Ma il momento è ogni momento, e il vento si è alzato.

Il tuo Karma appartiene al terzo cerchio dei sette Preveli dei quattro Arkadì.
Nella tua vita precedente eri un surfista, ma non sei riuscito a cogliere l’onda.
Ti è stata data la possibilità di reincarnarti in colui che sei per liberare completamente le tue energie vitali ed abbracciare totalmente la via de l’ozio.

Quando morirai, e se sarai riuscito a portare a termine la tua missione, ti reincarnerai in un leader rivoluzionario che combatte per l’emancipazione del proprio popolo oppresso dalla tirannide di una superpotenza nemica dell’ozio e per l’indipendenza della Sardegna.

Affidarti al Marchese Guido Maria dei Frachioni è la sola tua possibilità di salvezza e di autentica felicità.
Se vuoi realmente intraprendere il cammino dell’ozio inizia recitando tutte le mattine appena sveglio, e tutte le sere prima di coricarti, per 15 (quindici) volte questo antico adagio della Barbagia:

Uno più uno è l’uno. Più uno è l’uno.

E mi raccomando, occhio al colesterolo.

PROFILO 4
Oro in bocca.
Il tuo livello d’ozio è: spaghetti connection.

Sei un professionista dell’ozio e hai colto il senso della vita. Ma puoi fare ancora meno.
Puoi liberarti totalmente delle inutili zavorre che cercano di soffocare la tua mistica esistenza.
Sai che puoi lavorare ancora meno, o al massimo meglio. Puoi definitivamente emanciparti dalle sterili convenzioni sociali che ti attanagliano e affilare ancora di più il tuoi spirito critico e la tua naturale propensione a godere di ogni istante.

Il tuo Karma appartiene al settimo cerchio dei sette Preveli dei quattro Arkadì.
Meglio di te hanno fatto solo Gesù Cristo, il Mahatma Ghandi e il Marchese Guido Maria dei Farchioni. Nella tua vita precedente eri una stella cadente.
Ti sei reincarnato in un essere umano per salvare il mondo dall’era produttivistica e riportarlo sulla retta via dell’ozio.

Dopo la tua morte, ma non è detto che tu muoia, e se avrai portato a termine la tua missione, avrai la possibilità di scegliere se reincarnarti in una galassia o in un orgasmo cosmico infinito, ma di quelli venuti bene.

Il Marchese Guido Maria dei Frachioni è l’unico che può accompagnarti nella tua missione. Segui tutti i suoi suggerimenti e partecipa attivamente (sempre nei limiti della tua missione) a tutte le sue iniziative.

Per cominciare potresti iniziare a recitare tutte le mattine appena sveglio, e tutte le sere prima di coricarti, per 15 (quindici) volte l’antichissimo adagio etrusco:

Io faccio colui che mi fa.

E mi raccomando, non esagerare coi fritti.

giovedì 18 settembre 2008

Giornata Universale de l'Ozio. Per chi c'era (e anche per chi non).


E’ iniziato l’autunno

ma è un bel settembre.


Sorelle meravigliose,

amici fraterni,

piccole donne, minuscoli uomini,

animali di terra, di cielo e di lago,

popoli delle pianure,

genti dei deserti,

amanti della montagna,

pensatori di frodo,

testardi testati,

rivoluzionari non pentiti,

imprenditori liberati,

operai della creatività,

creativi della contabilità,

chitarristi viaggianti,

cuoche esorbitanti,

testardi costruttori di pace,

democratici delusi,

romane de Roma,

comaschi in coma,

torinesi metallare,

educatrici di se stesse,

lettori di tristezze,

arguti commentatori di facezie,

adulatori dell’amaca,

amiche della Tata,

nemiche del battipanni,

10 cose da fare prima dei 16 anni,

surfisti mancati,

Simoni Puppi,

Dari Bardellotti,

olmi, querce e betulle,

mamme delle stelle,

liberi liberatori liberati,

oziosi tutti,


IO VI AMO,

TUTTI.


Io mi strappo il cuore e ve lo mando via e-mail,

io vi dono i miei organi,

regalo il mio cervello alla scienza,

io vendo la mia anima all’ENEL per donarvi la luce in certi angoli oscuri, certe giornate buie,

io mi strappo tutti i denti e li metto in una maracas così che possiate ballare il cha cha cha delle vostre parole mai dette,

io vi dono la mia salute, il mio coraggio,

i miei ricordi,

le mie illusioni e i miei desideri,

i miei piaceri,

io vi regalo il piede sinistro di Maradona,

la mano destra di Jimi Hendrix,

il rovescio di Panatta,

lo sguardo di Ava Gardner,

le mani di Schiele,

le parole di Emily Dickinson,

gli occhi di Picasso,

le gambe di Valentina Tarquini Montasso (che è una mia amica che lascia stare...).


IO VI SPOSO TUTTI.


Io vi amo tutti, e tutti vi stimo,

farei subito un’altra festa dell’ozio domani, anzi oggi, stasera, adesso, da quanto è venuta bene e siete stati bravi,

verrei a prendervi ad uno ad uno a casa vostra e vi porterei in spalletta,

e poi vi imboccherei di cibi preziosi,

di musica e lettere sinuose,

di tempo ozioso.


IO VI VOGLIO BENE E VI RINGRAZIO.


Grazie.


Intimamente vostro

Marchese Guido Maria dei Farchioni.



Un grazie speciale a Emanuele U. che mi ha concesso la possibilità di utilizzare le sue sempre preziose parole.

mercoledì 23 luglio 2008

De l’Ozio e il significato


ovvero

discorso sulle parole, il loro senso e quello che pensavate di sapere, cioè un cazzo.


“Idioti, capre, bestie”. Oppure “sciocchi, allocchi, beoti”. Ancora “fannulloni, inetti, falliti”. O anche “sognatori, qualunquisti, autostoppisti utopisti”.

Questo e altro ancora vi diranno, perché già a me è stato detto, ma non temiate, non tremiate, perché queste sono le parole di chi le parole non sa.

E vi spiegheranno, e vi dimostreranno, e proveranno a convincervi, che il fare è la sola via per l’essere, che solo nell’azione l’io esiste, e che il lavoro rende liberi.(1)

E se anche potrebbe parvi che avessero ragione, non spaventatevi, ma chiedetegli piuttosto: “Fare che?”, “Essere chi?”, “Esistere co?"(2) Oppure “Quale lavoro?”, “Liberi da checcosa?”.

A queste arcane, abissali e preziose domande in molti modi vi potranno rispondere.

I più onesti e virtuosi di loro, definiamoli “i fessi”, si sgonfieranno della loro tronfiaggine e della loro boria, e si rifugeranno dietro a termini a volte meschini e a volte bislacchi, termini come “dovere”, “morale”, “sopravvivenza”, “morigeratezza”, “lombosciatalgia”, o ancora di più scomoderanno vocaboli quali “famiglia”, “responsabilità”, “organizzazione”, “impossibilità”.

Altri, chiamiamoli “gli irriducibili”, vi prospetteranno il randello, l’olio di ricino, il giogo, le catene, la frusta.

I più astuti, chiamiamoli “i dritti”, invece proveranno con la carota, il piacere, il soddisfacimento dei bisogni, il denaro, il potere, la gloria.

Ebbene, a questi deboli, o stolti, o melliflui, voi direte “Fermati un attimo, siediti al mio fianco, appoggia le tue stanche, consunte ed abusate natiche su di questo giaciglio; parliamone”.

Parliamo, sì, perché è dalle parole che tutto scaturisce, e sulle parole tutto si regge.

E da queste noi ripartiremo.

Non vi fidate? Non mi credete? Bene, vi spiegherò due cosette, ma per comprenderle dovrete fare un poco di fatica.

“Fatica!?!” diranno i più scettici, “Ci prometti ozio e ci chiedi fatica?!”.

Calma fanciulli, calma, niente fretta e niente paura. Le parole sono importanti (3) , e hanno il loro significato, ma non quello che vi hanno fatto credere che avessero. Ma un passo per volta, senza correre, gustandoci tutto.

Facciamo prima una pausa, riposiamoci un attimo, beviamo un sorso d’acqua, svuotiamo poscia la nostra vescica, togliamoci le scarpe (4) , che poi si parte. Anzi, ci si ferma.

“In principio era il verbo.” (5)

E’ qui che si coglie l’intuizione vertiginosa dell’evangelista, che afferma con forza mistica che il principio è la parola, e da essa tutto deriva. Se l’uomo è in prima istanza “animale sociale” (6) e “ non esiste uomo al di fuori della società” (7) , allora il linguaggio è il collante del vivere comune, l’elemento che permette agli uomini singoli di essere gruppo, comunità, società. Quindi senza la società non esiste l’uomo, senza il linguaggio non esiste società, e senza la parola non esiste la donna. (8)

Allora è nelle pieghe del linguaggio di chi vi dice “lavora”, “consuma”, “gioisci” che dobbiamo cercare; è il loro linguaggio che dobbiamo decostruire. (9)

E’ proprio vero che “In principio era il verbo”? Se guardiamo con attenzione, ma anche se non guardate che tanto ve lo dico io lo stesso, tale frase è traduzione dal latino “in principio erat Verbum” il quale traduce il greco κα λόγος ν πρς τν θεόν (En archè en o logos). Ma logos in greco significa "parola", non verbo, e ancora verbum in latino significa "parola", oltre che verbo.

Allora perché in tutte le versioni in italiano (10) del vangelo è riportato il termine “verbo”?

Chiediamoci allora, miei cari, “cos’è il verbo?”, “cos’è la parola?”, il logos?

Il verbo non è nient’altro che un costrutto semantico/linguistico atto a definire una qualsiasi azione, anche statica. Sembra quindi che vogliano farci credere che l’evangelista voglia suggerirci “implicitamente” che è nell’azione il principio, nel fare.

Quindi, anche in termini spietatamente Nietzschiani (11) il valore di ogni soggetto non è in sé, ma si definisce in base all’azione che compie. Nulla vale, nulla ha un valore effettivo, ma lo acquista solo in base alla propria funzione, alla propria azione e capacità d’azione che si sviluppa su un contesto statico.

E’ singolare, ma intellettualmente non troppo difficile, notare come tutta l’etica del primo capitalismo e delle rivoluzioni industriali aderisca a questa scala di valori, come trovi in questo tipo di cristianesimo, e in tutta la logica protestante, un terreno fertile per radicarsi e crescere. (12)

Ma la verità qual è?

Possiamo ancora una volta prendere ad esempio la Bibbia, il famoso passo della Genesi, nel capitolo secondo, dove Dio dà ad Adamo il compito di dare i nomi a tutte gli esseri viventi. (13) Se manteniamo la stessa impostazione teoretica, allora si può intuire che la possibilità/capacità di dare un nome alle cose, di riconoscerle, capirle, nominarle e, soprattutto, comunicarle, è la qualità principale e definitoria dell’uomo. E’ l’intelletto che è coscienza, (14) e il modo di esercitarla, che fa la differenza.

Non è quindi l’azione che definisce la società e l’uomo, ma la coscienza, e da essa il linguaggio e la possibilità di usarlo; la parola, il logos, appunto.

Lo so che non avete capito. Mi sento però di farvi un esempio, un poco più semplice, altrimenti che guida sarei?!

Diciamo ancora sulle parole, il loro significato e quello che vi hanno fatto credere che vogliano dire.

Prendiamo una parola a caso... vediamo, vediamo... ad esempio... chennesò... ah, ecco, trovato. Prendiamo ad esempio la parola “ozio". (15) Definite la parola “ozio”. Non provate a fregarmi, non cercate nei vocabolari, che tanto gli ho già letti tutti prima io di voi. Nemmeno su Wikipedia, su Google, oppure sui vostri libercoli di filosofia delle superiori o puttanate varie che tanto l’ho già fatto io; e io l’ho già fatto prima. Non facciamo i bambini, per favore.

E non scartabellate nemmeno tra le pubblicazioni che magari vi siete affrettati a comprare o che per sbaglio avete per casa, tipo Lucius Annaeus Seneca, Bertrand Russell, Tom Hodgkinson, andate in fretta fretta a cercare una definizione e poi avete trovato una bella risposta così siete a posto. Magari sfogliate un attimo la prefazione del professorone di turno, vi leggete la definizione e vi sentite a posto così, coscienza e intelletto. E no, non basta mica così, non è un compitino da svolgere a casa, non ci si ferma alla prima definizione che si trova, al primo pirla che parla.

Per capire la parola “ozio” ci vuole tempo, riflessione, contemplazione, passione, intelletto, e tanto, ma proprio tanto, ozio. Ma non corriamo, definiamo piuttosto.

Innanzi tutto diciamo subito che è importante capire come viene definito l’ozio dai professionisti delle definizioni. Analizziamo il metodo, demetodocizziamo. (16)

Il termine “ozio” è definito, almeno nella contemporaneità, sempre in chiave doppiamente negativa.

In primo luogo, in temimi di azione, ci viene detto o fatto capire, che oziare vuol dire “non fare niente”, abbandonarsi alla pigrizia, all’inerzia, all’inezia. In due parole “non fare”.

In questo senso oziare è un’azione che rifiuta un’azione, è la negazione del fare; uno stato di pausa, di stand-by che si colloca, come una parentesi, all’interno della vita vera, quella del fare.

Se chiedete ad una persona stesa sotto un albero cosa stia facendo, e lui vi rispondesse “Ozio” oppure “Non faccio un cazzo”, voi capireste la stessa cosa.

Di più, esiste anche una ampia diatriba accademica sull’interpretazione del valore delle azioni che si possono compiere o meno durante i momenti d’ozio. Se leggo un libro ozio o non ozio? Mentre ozio posso ascoltare musica? E se faccio all’amore? Se gioco? Penso? Rifletto?

Per non parlare poi di tutti gli apologeti che accostano ozio a pigrizia, ozio e relax, ozio e indolenza.

In secondo luogo, in termini strettamente morali, ci spiegano che l’ozio è negativo: nel senso che l’oziare fa male, fa male al corpo e allo spirito. Fa male non solo a noi, ma anche alle persone che ci sono vicine e che a noi sono legate.

Parlarvi del vecchio motto “l’ozio è il padre dei vizi” sarebbe come sfondare un cancello aperto, ma come non dire del “chi dorme non piglia pesci”, “just do it”, ”mi sono fatto da solo”. (17) Insomma, chi ozia si fa e fa del male.

Per non parlare poi della salute. Ti cresce la pancia, ti si ingrossa il culo, ti manca il fiato, non sei in forma. Piuttosto datti da fare, fai ginnastica, vai in piscina, vai in palestra, corri sul tapirulan, solleva pesi, tira corde, ma non stare fermo, muoviti, fai. Per i più metafisici ci sono pure gli esercizi spirituali (18) ; mezz’oretta al giorno e rendi il tuo spirito perfettamente tonico, l’anima al top della forma. E il cervello? C’è il brain-training, e checcazzo!

Fai esercizio, muoviti, vivi! Life is now!

E poi ci sono gli intellettuali, quelli che riabilitano l’ozio (a parole), e lo rendono utile ed efficiente. E’ “l’ozio creativo” la nuova frontiera. Fra un cocktail e uno champagnino, tra una chiacchierata e una telefonata, ti tirano fuori l’idea geniale per fare un po’ di soldi, o per fare dell’arte, dell’intellettualismo.

Questi falsi rivoluzionari proto-chic gioventù PDS (19), questi alternativi dei mie coglioni, (20) si appropriano, stuprano e svendono l’ozio dalla sua essenza, appioppandogli un fine che sia utile alla loro morale.

Immagino che a questo punto vi sarete anche rotti.

Anch’io, lo confesso, ma vogliamo o no capire cos’è l’ozio?!

Allora, per riassumere, dicevamo che per capire cos’è l’ozio ci vuole pazienza, coraggio e intelligenza. Si deve partire dall’inizio, capire il metodo, e cogliere il significato originario delle parole.

Ozio, quindi, che etimologicamente deriva dal latino OTIUM. Che cosa vuol dire?

I latini non avevano vocabolari, quindi ognuno può dire un po’ quel che gli pare.


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Note al testo

(1) E’ da notare come il motto “il lavoro rende liberi”, in germanico “Arbeit macht frei", campeggiasse all'ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.

(2) “Co”. E’ da ritenersi una licenza poetica. La critica è concorde nel ritenere tale particella l’abbreviazione del termine “ cosa”.

(3) Citato poi nel lungometraggio “Palombella rossa” di Nanni Moretti, ed. Sacher, 1989

(4) Con prudenza perché gli odori arrivano dritto all’inconscio . Vedi anche Banana Yoshimoto, Kitchen (Kitchen, 1988). Feltrinelli 1991 e Lucertola (Tokage, 1993). Feltrinelli 1995

(5) Vangelo di Giovanni, Gv 1,1

(6) Tutta la teoria sociologica contemporanea è concorde con la tesi del F.. Uno per tutti si vedano Claude Levi-Strauss, Primitivi e civilizzati, Milano 1997 e Luciano Gallino (a cura di), Manuale di sociologia, ed UTET Università, 2008.

(7) Le moderne teorie neuroscientifiche, anche grazie alle recenti ricerche sui neuroni, sembra confermare le avveniristiche tesi del F. Ad esempio i neuroni mirror sono una classe di neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare tra conspecifici). I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Questi neuroni sono stati individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell'uomo. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. Vedi Iacoboni Marco, I neuroni specchio, Bollati Boringhieri, 2008 e Vilayanur S. Ramachandran La donna che morì dal ridere e altre storie incredibili sui misteri della mente umana (coautore Sandra Blakesee), Mondadori, 1998.

(8) Il F. utilizza il femminile e il maschile allo stesso modo. Quindi, in termini generali, quando F. scrive uomo non solo è come se scrivesse donna (e viceversa), ma come se intendesse entrambi come unico genere. Questa, a scanso di equivoci, è l’ultima volta che lo esplicitiamo.

(9) Il termine “decostruzione” fa il suo ingresso nella storia della filosofia occidentale con il tentativo, da parte di Jacques Derrida, di tradurre linguisticamente e semanticamente l’invito heideggeriano alla Destruktion dei concetti della metafisica. Si veda Jacques Derrida, Introduzione a Husserl "L'origine della geometria", Jaca Book, Milano 1987

(10) Fino all’ultima traduzione Cei è del 1971, dove viene correttamente tradotto “logos” con “parola”.

(11) [...] il volgo separa il fulmine dal suo bagliore e ritiene quest’ultimo un fare, una produzione di un soggetto, [...]. Ma un tal sostrato non esiste: non esiste alcun “essere” al di sotto del fare, dell’agire, del divenire; “colui che fa” non è che fittiziamente aggiunto al fare – il fare è tutto. F. Nietzsche, Genealogia della morale, prima dissertazione, sez. 13, Ed. Adelphi, 1984, pag.. 84.

(12) Anche Max Weber riprende e sviluppa le tesi del F. nel suo celeberrimo libro L'etica protestante e lo spirito del capitalismo. Per una più ampia trattazione si veda Raymond Aron, Le tappe del pensiero sociologico. Montesquieu, Comte, Marx, Farchioni, Durkheim, Pareto, Weber, Mondadori, 1989.

(13) La Sacra Bibbia, Genesi, cap. II. Si veda anche Jean Baptiste Burguliotes, La Bibbia e la parola. Mi no digo niente ma gnanca taso. Ed. Il Mulino, 1987

(14) Si veda anche Sant’ Agostino, Contro i Priscillianisti e gli Origenisti, e Pierluigi Baima Bollone, San Gennaro e la scienza, SEI, 1989

(15) F. anche fine umorista

(16) Per una rapida trattazione del demetodozionismo e della scuola demetodozionista si veda Enrico Berti, Ontologia analitica e metafisica classica, Giornale di metafisica, 29, 2007, 305-316

(17) Citata poi nell’operetta “Mi sono fatto da solo” di La Famiglia Rossi, ed. Dischi Luce, 2003

(18) Si veda a tale guisa i famigerati “Esercizi Spirituali” dell’associazione laicale di diritto pontificio denominata Comunione e Liberazione (C.L.). Vedi sito esercizispirituali.it oppure clonline.org.

(19) Attribuita poi al sommo Andrea De Magistris.

(20) Citata poi nell’operetta “Tono Metallico Standard” di Offlaga Disco Pax, ed. Santeria, 2005.

lunedì 16 giugno 2008

Questo è solo l'inizio

Chiamatemi Maria.(1)

Non chiedetemi altri nomi, non cercatemi in altri luoghi, perché il mio nome è il vostro nome, e il mio posto è ovunque.

Non scambiatemi per pazza (2)solamente perché ho vissuto, e non crediatemi un eroe, perché la mia impresa è la mia vita, e il mio coraggio il non saper la resa.

Sono stato ed ho contemplato, ho riflettuto e non scordato, ho difeso e vissuto i miei desideri, (3) ed ho lottato per la resa, senza arretrare, senza temere.

Io che dei Farchioni son l’ultimo, (4) e che son signora di me stesso e del mondo intero (5) – come tutti voi lo siete, o imparerete ad esserlo – perché del mondo sono figlio, (6) ed il mondo io invento, affido a queste pagine, confuse tra le miriadi, sperse tra li sinistri flutti del mare magnum dell’informazione, il compito di essere novella arca di salvezza, e di raccogliere tutte le anime candidamente rivoltose, fedeli disilluse, dogmaticamente dubbiose, e di traghettarle verso i lidi salvifici dell’ozio, ove il grande teorema della piacevolezza del vivere trova suo compimento.

E se questo non vi basta, senza indugio io vi dico, che siete dei cornuti.

A chi di voi è rimasto il senno, chi di voi sa il coraggio, certamente si domanderà “Chi è costui?” e soprattutto “Perché ciò?”. Ed io magnanimamente non mi sottrarrò dal rispondervi che la rivoluzione più piacevole e gaudente che l’umanità abbia mai veduto sta per compiersi, ed io sarò il suo servo. Voi, miei diletti, sarete la di me voce, ed io il vostro fiato. E se lo permetterete, la vostra favella.

Altrimenti, che dio vi strafulmini. (7)

“Perché ozio?” vi chiederete. Perché io che tanto ho faticato nelle miniere della Cirenaica, (8) io so cos’è il riposo. Io che ho amato, io che ho traversato il mondo tutto e tutto il mondo ho stretto in pugno, io che sono stato principe e regina, fabbro e cavaliere, negro, ebrea, rom e comunista, (9) io che sono stato stuprata ed umiliata, per mille anni e mille anni ancora, (10) io che ho tremato di sgomento, faticato da precario, io che so la ricchezza ed ho comprato la mia povertà, ora so che la contemplazione è il veicolo ed il fine, il tempo è il non luogo, ed il confronto è il metodo, per vivere pienamente. (11)

Non abbiate paura, e tantomeno fretta, poiché l’una è dei servi, e l’altra dei padroni;(12) la rivoluzione è cominciata, e se questo non vi basta, non sarete di certo voi a fermarla.

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Note al testo

(1) Qui il Farchioni si appropria dell’incipit di uno dei più grandi libri della storia della letteratura moderna. Onde non tediarvi altrimenti, non staremo qui a menzionarlo inutilmente.

(2)Tipico di tutta l’opera del F. è l’utilizzo indistinto del genere maschile o femminile nel riferirsi a se medesimo. Questo impiego spericolato della lingua deriva dal completo rifiuto del F. di qualsiasi tipo di discriminazione sessuale e di genere, anche linguistica. Si veda a riguardo L. Irigaray Io tu noi. Per una cultura della differenza, Bollati Boringhieri, 1992 e P. Bourdieu Il dominio maschile, Feltrinelli, 1999. Tesi alternativa è quella del Cazzamoglia; egli ritiene che le nevrosi di cui il F. soffriva, l’abbiano portato a non riconoscere più la propria persona come univoca. Ne sarebbero prova le numerose apparizioni in pubblico del F. travestita da uomo.

(3)Il tema del desiderio riveste un ruolo di primo piano in tuta l'opera del F. Per una trattazione più ampia si veda F. Cazzamoglia Fenomenologia del desiderio. Leopardi, Farchioni, Majakovskij e la ricerca della libertà, Einaudi, 1987.

(4) La casata dei Farchioni in verità sembra non esistere; sembra piuttosto esista una storica famiglia di coltivatori di olive da secoli presente nell’Umbria; i de Farchia. Ancora adesso una fiorente azienda agricola produttrice di olio (vedi sito www.farchioni.com) è presente nel medesimo territorio, ma si rifiuta categoricamente di riconoscere il F. anche solo come lontano parente. Si trovano altresì tracce della nobile famiglia Van der Varckhionisis nell’Olanda meridionale del XII secolo, poi trasferitasi in Francia. Il F. nelle sue memorie fa’ riferimento ad episodi della vita dei suoi avi francesi menzionando un incontro segreto tra la baronessa Jean Paulette Farchiusett ed il sovrano del tempo, che in cambio di non meglio specificati favori concesse alla donna il dominio su tutte le terre possedute. In effetti anche il noto storico Gian Marco Cartoni narra che durante la crociata degli Albigesi, il Marchese Alain Farchiusett, prima di essere arso vivo all’interno del proprio castello, abbia gridato “Tutto quello che ho lo devo a mia moglie”. Si veda G. M. Cartoni Storia dell’Europa contemporanea. Vol. II, Kaos Edizioni, 1972, oppure Pierre Riché, Dictionnaire des Francs vol. 2. Les Carolingiens, éd. Bartillat, 1997

(5) Il F. gioca volutamente n l’ambiguità tra le sue note tesi anarchiche e la rivendicazione di antichi possedimenti.

(6) Citata poi nell’operetta “Quattro cani” di F. Grechi, Ed. RCA Italiana, 1975.

(7) E’ da ritenere che il F. utilizzi l’espressione “dio vi strafulmini” esclusivamente come offesa; è da escludersi qualsiasi riferimento divino o trascendentale.

(8) Qui probabilmente il F. si riferisce all’epopea di Spartacus, schiavo trace che capeggiò l’omonima rivolta contro la Roma imperiale. Vedi Howard Fasr, Spartacus, Tropea Editore, 2007.

(9) Citata poi nell’operetta “L’avvelenata” di F. Guccini, Ed. Emi, 1976.

(10) Citata poi nell’operetta “Anime salve” di F. De Andrè, Ed. BMG Ricordi, 1996.

(11) Il riferimento ai principi su cui si fonda la meccanica quantistica è evidente. Il paradosso del tempo non più grandezza fondamentale per interpretare il mondo fisico di Newtoniana memoria, lascia spazio a nuove strutture interpretative dove il principio causa-effetto cade ed i fenomeni accadono con intensità di energia definita. Il quotidiano scorre dettato da nuove leggi non più governate da quanto tempo ho, bensì da quanta energia mi costa. Si veda F. Reiche, H. Hatfield, e L. Henry The quantum theory, E. P. Dutton & co., 1922, oppure John von Neumann Mathematical foundations of Quantum Mechanics, Princeton University Press, 1955.

(12) Successivamente durante la XXII Internazionale Anarchica del 1936 svoltasi a Lione, l'assemblea si impadronirà di tale frase trasformandola nel motto anarchico “né servi, né padroni”